Non passa giorno che sui giornali e telegiornali faccia notizia il valore del P.I.L. (Prodotto Interno Lordo http://it.wikipedia.org/wiki/Prodotto_interno_lordo): persi tre punti, guadagnati due, il P.I.L. della Cina è cresciuto del 9%. E tutti noi a dire: “ah, visto? Con questo P.I.L. si capisce che siamo in piena ripresa” nel caso di un aumento, mentre nell'eventualità di un ribasso “Accidenti, se continua a scendere così andremo in rovina”. L'importante è, in ogni caso, mentre si esprimono queste valutazioni, non smettere di acquistare prodotti inutili, inquinanti, che prosciugano le risorse del pianeta, che magari sfruttano il lavoro minorile, che il più delle volte risultano essere meri doppioni di oggetti che abbiamo già, perfettamente funzionanti. Qualche esempio: cellulari, I-Pad, televisori, scarpe da tennis alla moda (la moda di chi?) elettrodomestici di ignota utilità che puntualmente finiscono nelle cantine e poi, dopo congruo mea culpa, a ingrassare le discariche. Per non parlare dei farmaci: una vera sciagura. Malattie inventate, sintomi di malattie note improvvisamente ampliati, psicosi generate da allarmismi privi di fondamento, sponsorizzazioni massicce di prodotti contro i pruriti di varia natura e localizzazione (di solito quando si ha un prurito ci si gratta e poi passa). E il cittadino, che ha assunto non a caso il nome di consumatore, si muove sul filo del P.I.L. con la costante tensione verso l'oggetto di “ultima generazione” e se non se lo può permettere, o si indebita fino all'osso o cade in depressione, preda della frustrazione da mancanza. Infatti l'unico vero responsabile delle crisi economiche è lui, il consumer, che ha il compito di mantenere in efficienza l'economia e per fare questo non può di certo tenersi lo stesso telefonino per più di 10/12 mesi; se nella scorsa stagione andavano i jeans a sigaretta, stai tranquillo che quest'anno gli tocca la zampa di elefante e così via.
E la disoccupazione? (notizia del giorno: entro il 2010 più licenziati che nuovi assunti) Sempre colpa del consumer, poiché si è astenuto (oberato dai finanziamenti e dalle carte di debito) dall'acquistare la bufala di turno, lanciata sul mercato tramite campagne pubblicitarie milionarie. Se poi la figura del consumatore coincide con quella del lavoratore o cassintegrato/disoccupato, è solo incidentale. Se ti spendi tutto lo stipendio e anche di più, ti garantisci il lavoro. Altrimenti rizzati!
Mi rendo conto che il tema è di estrema complessità, è una magagna che appare irrisolvibile, le menti illuminate dell'economia se ne tengono prudentemente alla larga. Eppure la rotta si può invertire cominciando nel nostro quotidiano dalle piccole cose; richiede due condizioni essenziali: un impegno minimo e un numero massiccio di persone. Il potere del consumatore consapevole è smisurato, può controllare il mercato e pretendere maggiore rapporto qualità/prezzo semplicemente operando le giuste scelte, andando a premiare chi produce il buono al giusto costo e boicottando chi invece punta al guadagno selvaggio e propina prodotti scadenti. È una questione di discernimento, basato su semplici valutazioni:
1- quanto ho davvero bisogno di quel prodotto (tenendo sempre conto dell'impatto sulla salute e sull'ambiente)?
2- chi lo produce secondo i migliori criteri qualitativi e non fa uso di pubblicità ingannevole?
Rispondendo a queste domande potremmo orientare le nostre scelte e determinare un nuovo più sano andamento della domanda e offerta di mercato.