lunedì 30 agosto 2010

Meglio una Geisha o una velina?

Ore e ore dedicate alla cura del corpo, alla vestizione, all'acconciatura; il resto del tempo trascorso esercitandosi allo shamisen, cantando, leggendo poesie.
Un'incredibile opera di esaltazione della femminilità, fisica e intellettiva e il tutto fatto con l'unico scopo di dedicarsi all'intrattenimento maschile? Ma nemmeno per idea! È vero che in occidente la figura della Geisha è sempre stata assimilata ad una donna asservita supinamente agli uomini, e in particolare a un uomo, il cosiddetto danna (tradotto patrono) che la mantiene in cambio di numerosi “servizi”. Una specie di moderna squillo o per essere ancora più attuali, escort. Ma questa è un'immagine distorta che nasce, probabilmente, durante il conflitto nippo-americano. In quel periodo, in effetti, ci fu in Giappone un fiorente sviluppo della prostituzione, come spesso accade durante le guerre o nella fase immediatamente successiva, un'attività economica come un'altra per racimolare qualcosa per sopravvivere. E così i militari statunitensi, senza starci troppo a pensare, durante i loro incontri d'amore a pagamento hanno creduto di intrattenersi con le Geisha.

Ma la realtà di questo lontano e per noi incomprensibile mondo è ben diversa. Basta ricercare la traduzione del termine Geisha per capirlo: gei significa arte e sha persona: dunque persona d'arte, artista. Ma allora perché mai questa “donna d'arte” evoca tanto fascino, erotismo e un'idea un po' perversa di sottomissione al maschio? È importante sottolineare che, in realtà, non esiste alcuna sottomissione: la natura del rapporto con il danna si basa sull'onore di quest'ultimo di frequentare la Geisha e nel farsi carico delle sue incredibili spese, e solo questo fatto gli consente di acquisire un certo prestigio personale, non tanto però nei riguardi della società quanto invece ai suoi propri occhi. Davvero inspiegabile per l'uomo occidentale che, a causa di qualche bizzarria genetica, preferisce di gran lunga mostrarsi in pubblico con una velina e/o escort (talvolta dietro pagamento di una quota prestabilita o la promessa di qualche nomina politica o professionale): pare che sia diventata una delle massime aspirazioni dell'uomo di “successo” contemporaneo. E voi, in tutta sincerità, cosa preferireste?

martedì 17 agosto 2010

Lui scappa...perché Lei è troppo bella e intelligente

L'invidia, quella brutta bestia, ho sempre pensato che fosse un “sentimento” da riservare alle persone più ricche, magari dei conoscenti che vivono in una meravigliosa villa, che vanno in vacanza alle Seychelles oppure alle amiche perché più brillanti o fortunate con gli uomini, nel caso della ben nota invidia al femminile o agli amici (forma decisamente meno diffusa) nei riguardi di uomini che hanno successo e potere in società. Il modus operandi delle persona invidiosa è un classico ben noto: prima ti ammira, poi ti controlla e infine mette in atto tutte le strategie per dimostrare al mondo e a se stessa che non vali niente, fino ad arrivare, nei casi più patologici, alla diffamazione premeditata nell'intento di distruggerti. Ero convinta di essere una personcina assolutamente libera da questa forma di dipendenza morbosa da quello che possono essere, fare o avere gli altri, ma ho avuto la "fortuna" di scoprire sulla mia pelle un aspetto ancora ignoto di invidia; io sono stata per anni inconsapevole vittima della più sordida e viscida delle invidie: quella del partner. Attenzione, non confondiamoci con la gelosia, a mio parere entro limiti di decenza, un sentimento naturale e costruttivo, che può avere un importante ruolo di collante nelle coppie. Perché io credo che la sana gelosia è sempre scaturita dall'amore, mentre l'invidia inevitabilmente si accompagna a emozioni meno nobili, fino ad arrivare all'odio. Proprio quello che è successo a me. La nostra coppia, questo va detto, non era proprio di quelle standard: noi due, visti assieme, ricordavamo un quadro cubista, tanta poca era l'armonia fisica. Ora brevemente la storia, mi permetto però di raccontarla in terza persona, tenterò in tal modo di essere assolutamente imparziale. Lei alta, taglia 42, fluenti capelli biondi, carina, bel portamento, lui basso, molto basso, grasso, molto grasso (130 chili), testone grosso poggiato su un collo assente, tutto pancia, sedere sgonfio come un pallone bucato, braccia e gambe tozze: in compenso un bello sguardo, profondo e allo stesso tempo da bambino, bei capelli e...direi che per la parte fisica ci siamo. Eppure, lei, sostenitrice convinta del fatto che l'amore sia cieco, non si è mai soffermata sulle di lui caratteristiche morfologiche tanto fuori norma. Cosa ben più difficile è stata, semmai, farlo accettare alle persone vicine: la famiglia, le amiche e gli amici, i conoscenti sono sempre stati increduli, alcuni sotto choc, non smettevano di chiedersi come fosse possibile che una ragazza carina etc... potesse stare con un tale pezzo d'uomo. Lei diceva che erano dei razzisti, dei superficiali, che l'aspetto fisico delle persone non ha niente a che vedere con la qualità intrinseca della loro essenza. E invece, almeno in questo caso, si sbagliava. Perché lui, via via che la storia cresceva, da un'iniziale atteggiamento di dolcezza, generosità e apprezzamento, ha cominciato a far emergere comportamenti distruttivi nei riguardi di lei, trasformandosi, giorno dopo giorno, in un essere meschino, patetico e talvolta violento. In questa casa aleggiava una sorta di serpeggiante disprezzo: “che brutti piedi che hai” e lei gli rispondeva “ma sono un 38, sono piedi da sportiva”, “ti metti i pantaloni bianchi solo per sottolineare che hai il sedere piccolo” e lei “ma veramente il bianco va di moda quest'anno”, “fai di tutto per metterti in mostra, per fare invidia alle tue amiche, a tua sorella etc...” e lei “veramente io sono solo me stessa”. Insomma, un'escalation di critiche, giudizi sprezzanti, ma vuoti di contenuti. Lei, persa nei meandri delle sue illusioni, si guardava i piedi e si diceva: “in effetti, non sono piedi da giapponese, ma io mi ci trovo bene” Ma il bello doveva venire. Gli attacchi si stavano spostando anche sul versante caratteriale: lei, persona riservata, un po' timida, delicata con tutti, se capitava (ed era molto raro) che in pubblico attirasse l'attenzione su di sé, per aver detto qualcosa di brillante o aver fatto ridere gli altri, prontamente lui la zittiva: “sei sempre al centro dell'attenzione, sei un'egocentrica, fai la sacerdotessa” e lei “ma se ho detto due parole in tutta la sera, sei tu che non la smetti da due ore!” oppure durante le cene organizzate a casa, rivolto agli ospiti (lui è un bravo cuoco): “vedete quante belle pietanze vi ho preparato, lei invece se potesse se le mangerebbe da sola, lei non è per la condivisione, pensa solo a se stessa”. Beh si, a questo punto lei ha cominciato a risvegliarsi dal torpore...effettivamente c'era qualcosa che non tornava. Lei aveva l'impressione di vivere con il nemico in casa. Vani i tentativi da parte di lei di capire cosa stesse accadendo: lui rispondeva che aveva un non ben identificato “malessere”, che ad ogni modo era tutta colpa di lei (questo lo dite tutti, cari maschi). Ora, non vorrei dilungarmi troppo, fatto sta che lui, un bel giorno, dalla sera alla mattina, è scappato dando come unica spiegazione “il malessere”. Ancora oggi, dopo diversi mesi, lui non ha il coraggio di incontrarla, le due volte che è capitato si è messo a piangere dicendo che è arrivato a buon punto: gli sta passando il malessere; poi è subito fuggito come una lepre. Lei si è fatta una bella dose di seghe mentali e poi è arrivata alla conclusione: il malessere era pura invidia. Anche le persone che frequentavano la coppia, un po' stupite, le hanno detto: “ma perché non te n'eri accorta che quello moriva d'invidia nei tuoi riguardi?” Dunque, care amiche se il vostro partner esagera con le critiche e tenta quotidianamente di sminuirvi, non sentitevi minimamente in colpa: questa è la prova che voi siete perfette! E lui è solo un pavido, di solito ha avuto una madre racchia, ignorante e ossessiva e un'infanzia terribile e per questo, voi, secondo la sua mente invidiosa, dovreste essere punite perché troppo vitali, brillanti e amorevoli nei confronti di voi stesse, in primis e poi dell'universo che vi circonda.